C’è chi ne ha parlato bene, chi ne ha parlato male: ho voluto dare una personale chance a questo finalista dello Strega 2022 che sarebbe potuto essere un mio potenziale vincitore!

Vronskij è vivo, Vronskij è morto

Giovanni è un uomo che vive dentro uno schema. Lo schema che prevede che lui sia perennemente gentile, al limite del succube. Sempre posato, sempre super partes. Non ammette eccezioni.

La sua cravatta è sempre ben allacciata, il suo tram passa sempre alla stessa ora, alla stessa fermata. Giovanni è un tipografo nel lavoro e nella vita: controlla per ore che ogni lettera sia al suo posto, corretta, con il font adatto, con la grandezza e il peso che merita.

Sua moglie Giulia è bellissima. Ha un sorriso bellissimo e e forse per questo sorrideva spesso. Ma nella sua espressione c’era un’ombra di amarezza. E appena smetteva di sorridere, diventava improvvisamente triste.

Giovanni non dice parole fuori posto, non esplode, piuttosto implode, sempre molto elegantemente.

Giovanni incassa la vita, la vive con una routine millimetrica. E ne sembra felice così. Si sentiva così felice da averne quasi paura, perchè nulla dura per sempre, tanto meno qualcosa di così fragile.

Piersanti ha fatto un lavoro sopraffino sui personaggi. Si percepisce la necessità di restare calma di Giulia, l’inquadratura di Giovanni, il sentimento che ribolle e tace nel sottofondo. Diesci.

Ma un giorno arriva Quel maledetto Vronskij

Giulia scopre di essere malata. “Un alieno dentro”, come lo chiama lei. La vita di Giulia e Giovanni diventa cadenzata dalle visite, finchè Giulia guarisce. Anche se lo sa, da questo non si guarisce mai davvero. Ed è da questo che altri mali nascono.

Giulia è una figura chiave di cui si parla poco per la sua presenza, quanto per la sua assenza: sarà lei a fuggire di casa inaspettatamente, lasciando Giovanni solo, inscatolato in una rabbia che non può e non deve esprimere, perchè lui è Giovanni e non può esplodere.

Di Giulia non si sa niente per un anno e mezzo. Il primo pensiero di Giovanni è che abbia un altro. Un Conte Vroskij qualunque che prende la sua Anna, come Tolstoj racconta.

Dopo più di un anno Giulia torna a casa. Silenziosamente, chiedendo permesso. Giovanni la accoglie nella casa, nella vita, nel giardino lasciato morire. Lascia entrare la sua luce a liberare dalla polvere quelle mura. E alla fine glielo racconta.

Vronskij non era un amante, Vronskij è un’ombra

Vronskij era la morte. Durante la sua assenza Giulia ha stretto la mano al pensiero della morte, pronta a lasciarsi andare come un soffio qualunque abbandonato sotto a un tram. Ma non ce l’ha fatta, perchè di vita ce n’era ancora.

Giulia e Giovanni si stringono ancora di più, tornano giovani, cambiano casa, adottano un cane. Sono i più belli e spensierati. O almeno lo sembrano.

Finchè, ancora una volta, torna quel maledetto Vronskij

Un’ombra era entrata nei suoi pensieri e un nome gli era subito venuto in mente: Vronskij. Quel maledetto era tornato. Nessuno lo vedeva ma era li nascosto tra i fiori e le piante, in mezzo a loro.

Giulia si ammala di nuovo. Lo sa che questa volta sarà l’ultima e Giovanni tenta di tirarla a riva come può, nei limiti del suo schema. Si sente all’improvviso manchevole, irrealizzato, un uomo che silenziosamente quando disperatamente chiede alla sua donna di restare ancora un po’.

Giulia muore a casa dopo 2 anni. Giovanni non piange, “È così” dice a tutti, non poteva andare diversamente. Ringrazia ossequiosamente medici, becchini, fiorai, non un lampo di tristezza lo sfiora. Sembra un pazzo. E si rimprovera di non soffrire abbastanza. Forse non soffre abbastanza perchè quel limite sì l’ha superato, oltre a quello non c’è più niente, non poteva succedere più nulla. Non piange perchè in realtà è morto pure lui. In silenzio, senza esplodere.

Giulia rivive in quella casa ogni giorno. Tra i fiori, nella serra, nei ricordi, in quella sdraio in giardino. Quante cose si erano detti in quelle ore insieme.

Le parole le aveva dimenticate, restavano i profumi, le linee del viso di Giulia, che un po’ alla volta tornavano nette com’erano.

Un piccolo capolavoro di sentimenti

Questo romanzo è un trionfo di immagini, profumi, panorami.

Piersanti usa perfettamente le parole, le rende vive raccontando la morte, sceglie espressioni che raccontano perfettamente i viaggi, il malessere, la felicità così estesa e così fragile.

La psicologia di Giulia e Giovanni risalta in ogni pagina attraverso i gesti e le parole non dette, attraverso le azioni e i pensieri.

E anche se di fatto in oltre 250 pagina succede poco, questo romanzo apre davvero una porta da cui entrano migliaia di sentimenti.

Dalla rabbia perchè dai, come fai a scappare così? Alla tristezza perchè dai, Giulia, perchè te ne sei andata così?

No spoiler sul finale: ma ragazzi, è perfetto.

È un romanzo che tocca il cuore.