Un’occasione mancata, questa è stata la sensazione che mi ha pervasa quando ho chiuso questo libro.

La tematica prometteva grandi cose dato che è di estrema attualità invece eccomi lì con il mio palmo di naso.

Il libro racconta infatti la storia di Daniela, una donna di mezz’età che una notte scappa di casa lasciando la famiglia e il piccolo paesino della Romania in cui abita per recarsi in Italia a lavorare come colf, destino che accomuna numerose donne della sua zona d’origine.

Daniela vuole garantire un futuro ai figli, Manuel e Angelica, che tuttavia non accettano la decisione della madre e dal momento della sua partenza i rapporti si fanno sempre più freddi e complicati.

Manuel, in particolare, costruirà un muro tra lui e Moma (il nomignolo con cui chiamava Daniela) iniziando ad andare male a scuola e comportandosi in maniera avventata ed irresponsabile. Nel momento in cui il ragazzo fa un incidente, Daniela si vede costretta a rientrare a casa, dopo anni passati nel “bel Paese” (poi vi spiego le virgolette) al grido di “ancora qualche mese e poi ritorno a casa”.

Manuel finisce in coma e al suo capezzale Daniela gli narra la vita da badante, alle prese con Giovanni, anziano scorbutico e inizialmente violento, poi due bambini con i quali Daniela sembra trovare una dimensione di felicità che si conclude tragicamente, la pesante signora Elena, con le sue fissazioni e i suoi limiti fisici.

Il punto di vista segue questa scansione narrativa. La prima parte, quella che descrive la situazione famigliare e la partenza di Daniela fino al momento dell’incidente, è affidata alla voce di Manuel; successivamente la palla passa a Daniela che, al capezzale di Manuel, racconta retrospettivamente la sua vita in Italia e le difficoltà nel tenere le fila della sua famiglia. Infine, l’ultima parte del racconto (sulla quale non mi soffermerò per evitare gli spoiler) ha la voce di Angelica, la figlia maggiore che in questa situazione si vede costretta ad occuparsi suo malgrado di sostituire la madre nella gestione domestica.

Lo stile di Balzano è semplice e chiaro, su questo non ci piove, il libro si legge velocemente e piacevolmente, tuttavia le metafore e le immagini non sono sempre efficaci, anzi, le ho trovate ingenue (sì, mi riferisco ad esempio al boomerang… ma che c’azzecca?) quasi fossero uscite da uno di quei manuali di scrittura creativa da quattro euro e cinquanta.

Peccato.

Nel 2019 avevo avuto il piacere di leggere Resto qui (edito Einaudi, 2018), romanzo che ho trovato molto più ben congeniato e sentito, insomma, quello era un bel libro, questo… meh.

Trovo che l’autore sia rimasto vagamente superficiale nel raccontare una situazione che per molti versi è tragica. Si fa cenno, ad esempio, alla difficoltà che potrebbe avere la protagonista nella comunicazione e invece parla come un libro stampato e capisce tutto ciò che le viene detto; si fa cenno al “mal d’Italia”, quello stato fisico e mentale che colpisce le donne che svolgono il lavoro di Daniela, ma non si riscontra mai né in lei né in nessun altro personaggio.

Nota di merito invece al titolo che ho trovato geniale quando nelle ultime pagine Daniela mette in atto un colpo di scena che ti fa chiedere: quando tornerò… dove?

Tirando le somme questo è un libro che non mi sentirei di consigliare qualora si sia alla ricerca di un approfondimento sul tema delle collaboratrici domestiche straniere in Italia, ma un libro tutto sommato leggibile se non si hanno troppe pretese.

Severa ma sincera.

Ps. Ho discusso abbondantemente con Erica del canale Youtube “Ricarighe” in una live su Instagram di questo libro. Potete recuperarla sul nostro profilo e già che ci siete, seguiteci! Siamo attive quotidianamente con aggiornamenti di lettura, commenti a caldo, quiz e rubrichette.