Esattamente come il secondo libro sulla storia di Lila e Lenù, anche Storia di chi fugge e di chi resta me lo sono bevuto in veramente pochissimo tempo.

Riflessione: ho iniziato il terzo passaggio di questa storia stu-pen-da con aspettative altissime. Venivo dalla lettura di Storia del nuovo cognome, dove era successo di tutto, si è proprio scatenata la Vita, quella vera. La Vita che ti obbliga a fare scelte sofferte e, a volte, dolorose, la Vita che cacchio, quante gioie ti da, ma a volte è proprio stronza.

Dunque, aspettative al top. Rispettate? Parzialmente. Calma: non è un giudizio negativo

Il libro prende un passo diverso, nella storia di vita si insinua la storia politica. Non sono ferrata in tema, ammetto di aver letto con noia le pagine che parlano di comunisti, padroni, fascisti. Mi sono appassionata alla faccenda solo nei punti in cui si infilavano nelle fazioni dei nomi conosciuti. Stop.

La parte succulenta è tutta quella che, ovviamente, racconta la piega che ha presto il presente delle protagoniste. Una che sembra incastrata a Napoli, una che sempre libera a Firenze. Che poi a Napoli ci sta bene, che poi Firenze sembra una prigione.

Una che scappa e pensa di raggiungere finalmente la vita desiderata, una che resta e si crea una nuova vita.

Le protagoniste sembrano perdersi, ma in realtà non lo fanno mai. Però di fondo c’è sempre quella percentuale di “fastidio” che si danno a vicenda che non riesco a decifrare.

Però, ragazzi, il racconto fa spavento da quanto è ben fatto. Vieni catapultato dentro le stanze, dentro i pensieri, dentro i viaggi. Quando leggi sei davvero a Firenze, a Napoli, in Francia.

Ed è una potenza che non ho letto così spesso.

E naturalmente, aspettative altissime per l’ultimo capitolo, ansia da abbandono che vivrò il giorno che i miei occhi passeranno sui titoli di coda.