Napoli bene, Napoli male

Giovanna è un’adolescente napoletana, nata e cresciuta in una famiglia tutto sommato amorevole.
Giovanna vive nella Napoli “alta”, quella dotata di una maschera che cela il dialetto, la terra. È il corrispettivo locale della sua giovinezza spensierata.

Tutto cambia quando Giovanna non è più una “bella bambina” e diventa, per una sfortunata frase del papà, “una brutta adolescente”.

E la bruttura che crede di essere diventata è impersonificata dalla zia Vittoria, sede fisica di tutti i difetti (a detta del papà di Giovanna, fratello di Vittoria) possibili.

Come può Giovanna salvarsi dal diventare quella bruttura? La prima soluzione è guardarci dentro a quella bruttura. È così che nasce in lei la necessità di incontrare Vittoria.

L’incontro con Vittoria

Giovanna, ribellandosi alla controindicazione dei genitori che non volevano farle conoscere la zia, alla fine riesce ad incontrarla. Ed insieme a lei incontra una Napoli diversa, terrena, fragile, a volte cattiva e scontrosa. Come era Vittoria. E piena di vita.

L’incontro delle due Napoli è il riflesso dell’incontro delle due Giovanna

Una che diventa grande, l’altra già grande e provata dalle esperienze.

È da questo incontro che nasce in Giovanna uno spirito diverso, affamato di esperienze da grandi, che necessita di provare qualcosa. Ne sono prova l’anno di scuola perso nonostante sia sempre stata una grande studiosa, il tentativo di tradimento ai danni dell’amica Giuliana per rubarle Roberto, il professore napoletano scappato dalla terra per raggiungere la città Milano.

Un susseguirsi di prove che mirano a trovare la verità. Di tutto. Della sua famiglia, della sua città, della sua identità.

Lo stile

Lo stile di Elena Ferrante è inconfondibile.
Nelle sue parole risuonano i rumori di Napoli e nelle immagini vive la città. Pur non avendola mai vista, riesco perfettamente a immaginarne gli angoli, i colori, la vita, le persone.

A differenza della serie dell’Amica geniale, penso che qui lo stile abbia salvato il romanzo.

Lo dico? Lo dico. A tratti l’ho trovato noioso e senza senso. Non aveva senso mettere Giovanna in certe situazione, nessun senso il finale del libro.

Dei Ferrante che ho letto, insieme a L’amore molesto li metterei in fondo alla classifica.

Detto ciò: è comunque un romanzo scritto perfettamente, in cui gli interpreti sono perfettamente pensati e interagiscono con la città in un modo geniale.

Da leggere!