Febbraio scappa, ha fretta, è timido forse, vuol ritornare ad essere l’ultima pagina del calendario. Ha sempre questo mood, non trovi?
Febbraio scappa e lascia già intravedere qualche ora di luce in più, quasi quasi verrebbe da perdonargli tutto il suo grigiore.
Mi chiedo se febbraio saprà portarsi dietro anche il mio torpore, quello che per settimane mi ha impedito di leggere.
Capita, direte voi, ma a me non capita poi così spesso, era da anni che non evitavo le pagine per più di 3-4 giorni al massimo. Magari anche solo un paio, ma la lettura non è mai mancata, è sempre stata una costante del mio essere.
E allora, verrà da chiedersi, cos’è successo?
Sono pronta a deludervi: è successo tutto e niente.
Niente perché non ci sono stati sconvolgimenti eclatanti, cambi di lavoro, impegni accademici, nuove nascite, perdite, mastodontiche vittorie alla lotteria, niente di niente.
Ma.
Ma questo ve lo devo raccontare: ho iniziato a scrivere una storia, una storia partita da un incontro. Ho incontrato il mio protagonista. Si è palesato in maniera piuttosto sbruffona nella mia testa e per settimane non si è schiodato da lì. Ho dovuto conoscerlo, fargli tante domande, capire chi era prima di farlo muovere nella mia storia.
Alla mia età (eheh) forse sono queste le evoluzioni delle crush: non più qualcosa di esterno, ma l’ispirazione che arriva e ti travolge e ti riempie i pensieri e ti fa sperare in un finale wow.
Vi sto dicendo che sto scrivendo un libro?
Non proprio, sto scrivendo solo una storia.
Potrebbe non essere mai pubblicata né impaginata, ma intanto inizia ad esistere.
In altre parole ho sostituito il tempo che dedico alla lettura con la scrittura. Se quest’ultima ha un merito è quello di non piegarsi alle logiche del consumo (diciamocelo, gestire una pagina social sui libri ha anche una componente legata al consumo e alla produzione, “dal Capitalismo non si esce”, cit.) e di andare e venire quando ne sento il bisogno.
Bisogno: parola chiave. Non ho bisogno dell’orizzonte di pubblicazione, ho solo voglia di “vivere” e “far vivere” la mia storia, che sia a mio solo appannaggio non mi cale.
Scrivo per me.
Sto facendo la cosa più egoistica e libera che mi sia capitata negli ultimi anni.
Ho accolto questa nuova necessità con sentimenti alterni, dall’euforia al senso di colpa, passando per il menefreghismo e sviando per le vie dell’auto-comprensione.
Ciò che però voglio ricavare da questa novità è che, per quanto viviamo ogni passione come totalizzante, essa non ce ne deve precludere altre. Ho probabilmente iniziato a scrivere perché leggo tanto, non vedo altra soluzione.
Se mai un giorno la mia storia vedrà la luce e avrà l’onore di colpire più occhi e coscienze (ne dubito), rileggerò queste righe pensando: meno male che quella volta non ho letto.
Una curiosità
Quando scrivo la mia mente prende di colpo uno sguardo maschile. Sono vittima del patriarcato o nel mio bisogno di scrivere si cela la psicanalicamente-interessante necessità di sentirmi completamente qualcun altro?
La riflessione non finisce qui. In questi mesi ho pensato molto anche a Libri a Merenda e al mio bisogno di parlare di libri, oltre che a leggerli.
Ne parliamo insieme la prossima settimana, ci stai?